Cosa è?
E' "violenza contro le donne", ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. Così recita l'art 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne. La violenza di genere non è rivolta solo nei confornti delle donne. La violenza di genere si manifesta come ogni atto di violenza perpetrato anche in ragione dell’orientamento sessuale coinvolgendo anche gli individui LGTB (donne e uomini omosessuali, bisessuali e transessuali). La violenza di genere trova il suo fondamento nella non accettazione dell’altro, sul suo rifiuto. Essa poggia su una struttura gerarchica di dominio tra i sessi e i generi sulla negazione della diversità, dunque, l‘uomo si autodefinisce uomo annientando la femminilità. Le donne, in ogni parte del mondo, vengono discriminate per il fatto di essere donne, ovvero di essere altro dall’uomo.
La discriminazione di genere può essere diretta o indiretta:
• la discriminazione diretta si verifica quando una persona è trattata in modo meno favorevole di un’altra a causa del suo genere;
• la discriminazione indiretta si verifica quando una norma o una prassi apparentemente neutrale ha un effetto negativo sproporzionato su un gruppo di persone di un determinato sesso.
La discriminazione diretta può essere definita come la
«situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga» (art. 2.1, lett. a, dir. 2006/54); inoltre «costituisce discriminazione diretta, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga» (art. 25, comma 1, D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, Codice delle pari opportunità).
I comportamenti, le regole, le prassi e le procedure fanno si che individui o gruppi siano sistematicamente svantaggiati.
La discriminazione indiretta si può definire invece come la “situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari» (art. 2.1, lett. a, dir. 2006/54). Inoltre, si ha discriminazione indiretta “quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una condizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo ed i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari” (art. 25, comma 2, D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, Codice delle pari opportunità).
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